)O( Earth my body Water my blood Air my breath Fire my Spirit )O(

giovedì 20 dicembre 2012

Paganesimo



Il termine “Paganesimo” deriva dalla parola latina “pagus”, che ha il significato di “villaggio, borgo”: tale termine fu introdotto dalle istituzioni ecclesiastiche per connotare quell’insieme di credenze, miti, tradizioni, usi e costumi che ancora resistevano, soprattutto all’interno delle campagne e dei villaggi(“pagi”), nel periodo in cui il Cristianesimo si stava diffondendo in modo esponenziale in tutta Europa, in particolare nelle grandi città
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 Per capire cosa si intende quando parliamo di “Paganesimo”, è necessario fare prima una premessa su cosa non esprime questo termine. Il Paganesimo, infatti, non è una religione, come la intendiamo comunemente, né una dottrina di pensiero: non vi sono, infatti, dogmi e insegnamenti da seguire, scritti in testi sacri, non è universalista, onnicomprensivo, non ricerca adepti, e, quindi, non spinge coloro che lo abbracciano a diffonderlo, convertendo altri uomini: insomma, non è una religione come lo sono il Cristianesimo, l’Islam o l’Ebraismo e tutte quelle che hanno le caratteristiche sopra descritte. Il Paganesimo lo si può definire una visione del mondo, o meglio delle cose, un modo di pensare e di intendere gli accadimenti, sia quelli propri, sia quelli degli altri uomini e degli altri esseri, viventi e non, sia quelli cosmici. Esso valorizza l’uomo, ma non ponendolo al centro di tutto, come fanno le religioni monoteiste, o meglio i suoi apparati di potere temporali, e molte concezioni filosofiche, politiche e culturali in genere, bensì considerandolo per quello che è, cioè parte di un Tutto, in cui ha un ruolo e un’importanza, che deve comprendere lui stesso. In un certo modo lo si può intendere anche come una filosofia, che dà all’ uomo alcuni strumenti per rapportarsi con ciò che lo circonda, sia sul piano fisico che su quello metafisico. Il Paganesimo è anche religione, nel senso che vi sono entità in cui si può credere e che offrono chiavi per spiegare i fenomeni che l’uomo non comprende tramite i suoi strumenti logici e razionali; ma va oltre questo, è una sensibilità innata nell’interiorità di coloro che, appunto, lo percepiscono e lo colgono in un modo che è, dapprima, quasi puramente istintivo, e che, poi, via via, si arricchisce anche dei livelli razionali e mentali. Esso poggia su quelli che sono gli elementi primari della vita: il sangue e la terra; hanno, dunque, grande importanza la stirpe e le tradizioni, nei vari aspetti che vi sono correlati; questo gli impedisce di avere un carattere universalista, anche se vi sono filosofie e visioni del mondo che possono avere con esso punti di contatto, e, dunque, la sua più intima essenza rifugge da quei calderoni di pensiero modernisti, come le filosofie New Age, anche se la sua ripresa in questi contesti dimostra, in un certo modo, che esso, oltre ad essere aperto ai contributi delle più svariate filosofie, religioni e correnti di pensiero in genere, che esso accoglie filtrandoli con la propria sensibilità, è idoneo a recare esso stesso contributi ed apporti per l’altro da sè; da questo emerge il fatto che si tratta di un modo di vedere le cose, di una forma mentale che conduce ad un confronto continuo, sia con sé stessi, che con ciò che ci attornia, in tutte le sue manifestazioni; è un qualcosa che non è ancorato al passato, ma che è cosmico, olistico, e che, quindi, ha certamente validità attuale, perché senza tempo, anche se, come vedremo, accoglie un eternità fatta di cicli, che sono quelli della vita, della natura e di tutto l’essere in generale. Nel mondo attuale il Paganesimo all’apparenza sembra scomparso, dato che vi domina tutto ciò che ben sappiamo e vediamo ogni giorno; ma, se andiamo a vedere, esso, in realtà è più presente che mai, proprio perché ha come basi il sangue e le tradizioni e perché crea un tipo di mentalità “aperta” all’”altro”: il problema è che gli uomini non lo sanno e, spesso, non lo vogliono riconoscere e, d’altra parte, le dinamiche moderne creano una forte spinta in questa direzione: la sua “riscoperta” è fondamentale per ridare all’individuo, a cui sempre più riesce difficile rapportarsi con sé stesso e con ciò che è intorno a lui, un equilibrio e un’armonia spirituale che gli dia la possibilità di capire la realtà in cui vive, e, soprattutto, la propria interiorità, il cui confronto con essa, piena di quelle che, all’apparenza, sembrano contraddizioni e incompatibiltà insanabili del proprio essere, è spesso fonte di infelicità, dolore e disperazione. Esso, per il tramite del proprio sangue, della propria stirpe, dei propri Antenati e delle proprie tradizioni, offre la possibilità ad alcuni uomini di “utilizzare” certi strumenti e mezzi, ma le forme e i modi di “utilizzo” dipenderanno dal modo di essere e dalla sensibilità del singolo, per il quale vi è la difficoltà di filtrarlo in modo libero e autonomo, senza ottusità, senza che vi siano linee di comportamento e di condotta, convincimenti e ideali da seguire in modo preciso e specifico.

Scilla




SCILLA

Scilla è un mostro marino, figura della mitologia greca. Secondo la versione più comune, Scilla è figlia del dio marino Forco (o Forcide) e di Ceto. Secondo la tradizione riportata dall’Odissea, invece, è figlia di una dea, chiamata Crateide.

Altre leggende la dicono nata da Forbate e da Ecate, oppure da quest’ultima e Forco. La si considerava anche figlia di Tifone ed Echidna, oppure di Zeus e di Lamia; in questo caso, fu l’unica figlia ad essere risparmiata dalle ire della gelosa Era.

All’inizio Scilla era una ninfa, figlia di Forco e Ceto. Scilla viveva in Sicilia (secondo alcune versioni nel sud della Calabria) ed era solita recarsi sulla spiaggia di Zancle e fare il bagno nell’acqua del mare. Una sera, vicino alla spiaggia, vide apparire dalle onde Glauco, figlio di Poseidone, che un tempo era stato un mortale, ma oramai era un dio marino metà uomo e metà pesce.

Scilla, terrorizzata alla sua vista, si rifugiò sulla vetta di un monte che sorgeva vicino alla spiaggia. Il dio, vista la reazione della ninfa, iniziò ad urlarle il suo amore, ma Scilla fuggì lasciandolo solo nel suo dolore.
Allora Glauco si recò all’isola di Eea dalla maga Circe e le chiese un filtro d’amore per far innamorare la ninfa di lui, ma Circe, desiderando il dio per sé, gli propose di unirsi a lei.
Glauco si rifiutò di tradire il suo amore per Scilla e Circe, furiosa per essere stata respinta al posto di una mortale, volle vendicarsi.

Quando Glauco se ne fu andato, preparò una pozione malefica e si recò presso la spiaggia di Zancle, versò il filtro in mare e ritornò alla sua dimora.
Quando Scilla arrivò e si immerse in acqua per fare un bagno, vide crescere intorno a sé delle mostruose teste di cani.
Spaventata fuggì dall’acqua ma si accorse che i cani erano attaccati alle sue gambe con un collo serpentino. Si rese conto allora che sino al bacino era ancora una ninfa ma al posto delle gambe spuntavano sei musi feroci di cane.
Per l’orrore Scilla si gettò in mare e andò a vivere nella cavità di uno scoglio vicino alla grotta dove abitava anche Cariddi.

Pegaso




PEGASO
Pegaso è una figura della mitologia greca. È il più famoso dei cavalli alati. Secondo il mito, nacque dal terreno bagnato dal sangue versato quando Perseo tagliò il collo della Medusa. Secondo un'altra versione, Pegaso sarebbe balzato direttamente fuori dal collo tagliato della Medusa, insieme a Crisaore.

Animale selvaggio e libero, Pegaso viene inizialmente utilizzato da Zeus per trasportare le folgori fino all'Olimpo. Grazie alle briglie avute in dono da Atena, viene successivamente addomesticato da Bellerofonte, che se ne serve come cavalcatura per uccidere la Chimera. Dopo la morte dell'eroe, avvenuta per essere caduto da Pegaso, il cavallo alato ritorna tra gli dei.

Nella famosa gara di canto tra le Muse e le Pieridi, Pegaso aveva colpito con uno zoccolo il monte Elicona, che si era ingigantito fino a minacciare il cielo dopo aver udito il celestiale canto delle dee. Dal punto colpito dallo zoccolo di Pegaso nacque una sorgente, chiamata Ippocrene, o "sorgente del cavallo". Nello stesso modo, Pegaso fece scaturire una sorgente a Trezene.

Terminate le sue imprese, Pegaso prende il volo verso la parte più alta del cielo e si trasforma in una nube di stelle scintillanti che hanno formato una costellazione.

Con il nome di Pegaso sono definite numerose figure mitologiche minori, tutte deformazioni del Pegaso greco. Nella letteratura latina, Plinio descrive come Pegasi degli uccelli dell'Etiopia con teste di cavallo. Sempre Plinio descrive sotto lo stesso nome un cavallo dotato di ali e corna. Per Giulio Solino e Pomponio Mela sarebbe invece un uccello con orecchie di cavallo. In generale, ogni figura, mitologica o araldica, corrispondente ad un cavallo alato viene chiamata Pegaso.

mercoledì 19 dicembre 2012

Uroboro




UROBORO
L'Uroboro (dal greco 
ουροβóρος dove 'ourá' sta per 'coda') detto anche: Ouroboros, Ourorboros, Oroborus, Uroboros o Uroborus è un simbolo molto antico che rappresenta un serpente che si morde la coda, ricreandosi continuamente e formando così un cerchio. È un simbolo associato all'alchimia, allo gnosticismo e all'ermetismo. Rappresenta la natura ciclica delle cose, la teoria dell'eterno ritorno, e tutto quello che è rappresentabile attraverso un ciclo che ricomincia dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine. In alcune rappresentazioni il serpente è raffigurato mezzo bianco e mezzo nero, richiamando il simbolo dello Yin e Yang, che illustra la natura dualistica di tutte le cose e soprattutto che gli opposti non sono in conflitto tra loro.

Egitto
In Hieroglyphica di Orapollo nella traduzione in volgare di M. Pietro Vasolli da Fiuizano, riferendosi all'equivalente geroglifico egiziano si trova questa mirabile descrizione:

Quando vogliono scrivere il Mondo, pingono un Serpente che divora la sua coda, figurato di varie squame, per le quali figurano le Stelle del Mondo. Certamente questo animale è molto grave per la grandezza, si come la terra, è anchora sdruccioloso, perilche è simile all’acqua: e muta ogn’ anno insieme con la vecchiezza la pelle. Per la qual cosa il tempo faccendo ogn’ anno mutamento nel mondo, diviene giovane. Ma perché adopra il suo corpo per il cibo, questo significa tutte le cose, le quali per divina providenza son generate nel Mondo, dovere ritornare in quel medesimo.

Pare che il simbolo si ispiri alla forma della Via Lattea, dal momento che in alcuni antichi testi era considerata un enorme serpente di luce che risiedeva nel cielo e circondava tutta la Terra.

Yurei




YUREI
Gli y
ūrei sono i fantasmi della tradizione giapponese. Il nome è composto dai kanji yū ("flebile", "evanescente", ma anche "oscuro") e rei ("anima" o "spirito"). Sono talvolta chiamati anche bōrei ("spiriti dei caduti"), shiryō ("spiriti dei morti"), o anche con i più generici nomi di yōkai e obake.
Come per le controparti occidentali, si tratta di anime dei defunti che sono incapaci di lasciare il mondo dei vivi e raggiungere in pace l'aldilà.

All'inizio, la tradizione non attribuiva agli y
ūrei un aspetto differente da quello dei comuni esseri umani.

Nel tardo XVII secolo, durante il periodo Edo, si diffuse il gioco del Hyakumonogatari Kaidankai, molto popolare ancora oggi, che consiste nel raccontare a turno una storia dell'orrore (kaidan, termine non più in voga, sostituito nel giapponese moderno dall'inglese horror) e poi spegnere una luce; si credeva che quando l'ultima luce si fosse spenta uno y
ūrei si sarebbe manifestato. I kaidan divennero oggetto di letteratura, opere teatrali e dipinti, e gli yūrei cominciarono ad assumere degli attributi che permettevano al pubblico di identificarli immediatamente tra i personaggi.

Il primo esempio dell'aspetto ormai canonico di uno y
ūrei è Il fantasma di Oyuki, un ukiyo-e di Maruyama Ōkyo.

* Veste bianca - Simile al folkloristico lenzuolo bianco dell'immaginario collettivo occidentale, gli y
ūrei sono vestiti di un ampio abito bianco, che ricorda il kimono funerario in uso durante il periodo Edo; il kimono può essere un katabira (una semplice veste bianca) o un kyokatabira (simile al precedente ma decorato di sutra buddhisti).
* Hitaikakushi - Un altro elemento di vestiario che li contraddistingue, ma soprattutto in alcune opere teatrali o di carattere comico, e reso popolare principalmente da anime e manga; è un fazzoletto avvolto intorno alla testa che assume una forma triangolare (con la punta rivolta verso l'alto) sulla fronte.
* Capelli lunghi e neri - Gli y
ūrei hanno generalmente i capelli lunghi, neri e scompigliati. Si credeva che i capelli continuassero a crescere dopo la morte, e inoltre tutti gli attori nel kabuki indossavano parrucche.
* Mani morte e mancanza della parte inferiore del corpo - Le mani dello y
ūrei penzolano senza vita dai polsi, che sono generalmente portate in avanti con il gomito all'altezza dei fianchi. La parte inferiore del corpo è del tutto assente, e lo yūrei fluttua nell'aria. Queste caratteristiche comparvero dapprima negli ukiyo-e del periodo Edo, e vennero poi fatte proprie dal kabuki, nel quale per nascondere la parte inferiore del corpo si usava un kimono molto lungo o si sollevava l'attore da terra con delle corde.
* Hitodama - Gli y
ūrei sono spesso accompagnati da una coppia di fuochi fatui (hitodama) in sfumature tetre di blu, verde o viola; queste fiammelle sono considerate parte integrante dello spirito. Le hitodama sono entrate a far parte anche della simbologia di anime e manga, in cui oltre a seguire un fantasma compaiono intorno a persone dall'aria funebre o stati emotivi fortemente depressi.


Abaddon



ABADDON

Abaddon è un essere spirituale citato nell'Apocalisse ed in altre scritture sacre appartenenti alla cultura ebraica e cristiana.

Il suo nome deriva dall'ebraico, e significa perdizione. È la trascrizione di una parola ebraica utilizzata come nome proprio per indicare il nome dell'Angelo dell'Abisso nell'Apocalisse di Giovanni (cap. 9, versetto 11 e cap. 20, versetto 1) simmetrico all'Angelo dell'Abisso in Giobbe (cap 33, versetti 23 e 24). Il nome ebraico Abbadon corrisponde al nome greco Apollyon (il distruttore), che può essere paragonato anche al dio Apollo. Poiché in Giobbe la sua figura è associata a quella dell'Angelo Alef, ovvero l'Arcangelo di Giosuè (cap 5, versetti 14 e 15) e di Giuda (cap 9), si può dedurre che si tratti dello stesso Arcangelo Michele.

Per alcuni è il Capo dei demoni della settima gerarchia, Abaddon è il sovrano del pozzo senza fondo (Giuda Taddeo, VI) e il re di un esercito di cavallette dell'Apocalisse.

"Abaddon, tuttavia, non è un angelo di Satana ma di Dio, che compie la sua opera di distruzione per ordine di Dio". — The Interpreter’s Bible, a cura di G. A. Buttrick, 1957, vol. XII, p.



Spirito wiccan



E' nostro dovere riportare equilibrio e armonia dove vi è sopruso e prepotenza. Che la Natura si riprenda ciò che Le appartiene.

The Kore Chant [Done for The Magical Circle School]


She changes everything She
touches
And everything She touches
changes

)O(
 

Wiccan Chant: Aradia


Full moon shining bright
Midnight on the water
Oh, Aradia Diana's silver daughter
)O(

 


Persephone





PERSEPHONE:
The Greek Goddess of Spring and Healing. Goddess of the Underworld, her return to the Earth
signifies the beginning of Spring. In her underworld role she advocates for the souls of the dead. 
Passion: Rebirth

Brightest Blessings,
Lady Julie

Calendario


1 Gennaio : Festa di Giano 
6 Gennaio : Festa di Iside - Battesimo di Osiride - Festa di Berchta 
9 Gennaio : Festa di Selene 
17 Gennaio : Festa di Odino 
21 Gennaio : Giorno del Sorbo 
31 Gennaio : Grande Sabba di Brigid 
1 Febbraio : Imbolc 
2 Febbraio : Candelora 
6 Febbraio : Festa di Dioniso 
7 Febbraio : Giorno della Luna 
14 Febbraio : Festa dell'Amore 
18 Febbraio : Giorno del Frassino 
27 Febbraio : Festa di Marte 
5 Marzo : Festa di Iside ed Ecate 
11 Marzo : Festa di Artemide 
15 Marzo : Festa della Penitenza 
17 Marzo : Festa di Ishtar 
18 Marzo : Giorno dell'Ontano 
20/21 Marzo : Equinozio di Primavera 
23 Marzo : Morte di Attis 
25 Marzo : Attis risorto
 
6 Aprile : Festa delle Rune 
15 Aprile : Giorno del Salice 
20 Aprile : Festa delle Fate 
28 Aprile : Festa di Flora 
30 Aprile : Notte di Valpurga 
1 Maggio : Festa di Fauna 
1/4 Maggio : Beltane - Sabba dell'Estate - Calendimaggio 
8 Maggio : Festa delle Dee 
9 Maggio : Festa di Artemide 
11 Maggio : Festa di Frigg 
13 Maggio : Giorno del Biancospino 
18 Maggio : Festa di Aradia 
20 Maggio : Festa di Gea 
28 Maggio : Festa della Geomanzia
9 Giugno : Festa di Vesta 
10 Giugno : Giorno della Quercia 
15 Giugno : Festa di Baldur 
20 Giugno : Festa di Atena 
21/24 Giugno : Solstizio d'Estate - Sabba della Terra 
24 Giugno : Notte di S. Giovanni - Festa di Foris e Fortuna -Festa D'Estate dei 4 Elementi
 
8 Luglio : Giorno dell'Agrifoglio 
22 Luglio : Festa della Grande Madre 
28 Luglio : Festa di Thor 
31 Luglio : Grande Sabba del Raccolto 
1 Agosto : Lugnasad 
4 Agosto : Festa di Atena 
5 Agosto : Giorno del Nocciolo 
10 Agosto : Festa degli Dei 
13 Agosto : Festa di Diana 
19 Agosto : Festa di Venere 
30 Agosto : Festa di Cibele 
2 Settembre : Giorno della Vigna 
3 Settembre : Festa di Iside 
8 Settembre : Festa di Tyr 
21/23 Settembre : Equinozio d'Autunno - Grande Sabba d'Autunno 
29 Settembre : Festa di Mercurio 
30 Settembre : Giorno dell'Edera 
 
4 Ottobre : Festa del Bosco 
16 Ottobre : Festa di Astarte 
20 Ottobre : Festa di Pan 
22 Ottobre : Festa degli Elfi 
28 Ottobre : Giorno del Tiglio 
31 Ottobre : Grande Sabba di Halloween 
1 Novembre : Samain 
2 Novembre : Festa di Loki - Festa degli Antichi Spiriti 
11 Novembre : Festa di Succellus 
18 Novembre : Festa di Artia 
25 Novembre : Giorno del Sambuco 
30 Novembre : Festa di Diana 
3 Dicembre : Festa di Mirddyn 
8 Dicembre : Festa d'Inverno dei 4 Elementi 
12 Dicembre : Festa degli Gnomi 
20 Dicembre : Festa di Cernunnos 
21/23 Dicembre : Solstizio d'Inverno e Grande Sabba d'Inverno 
24 Dicembre : Giorno della Betulla 
25 Dicembre : Festa di Ecate - Sol Invictis -Festa di Dagda 
31 Dicembre : Festa di Artemide - Notte del Popolo Fatato

Strix



Il termine italiano "strega" deriva dal latino "Strix" 

Strix è il nome scientifico con cui si identifica una specie di rapaci notturni
facenti parte della famiglia degli strigidi.

Secondo molte credenze popolari questi uccelli rapaci con le loro strida annunciano eventi nefasti.
Gli Strix sono inoltre definiti come uccelli notturni somiglianti a gufi con occhi fissi e becco aguzzo, capaci, secondo le credenze, di entrare nelle case, afferrare i bambini con i loro artigli nelle culle per poi succhiargli il sangue.


Dalla bocca di Fineo, ma da essi deriva la loro razza:
"Grossa testa, occhi sbarrati, rostri adatti alla rapina,
penne grigiastre, unghie munite d’uncino;
volano di notte e cercano infanti che non hanno accanto la nutrice,
li rapiscono dalle loro culle e ne straziano i corpi;
si dice che coi rostri strappino le viscere dei lattanti,
e bevano il loro sangue sino a riempirsi il gozzo.
Hanno il nome di Strigi: origine di questo appellativo
È il fatto che di notte sogliono stridere orrendamente."

Molte sono le leggende legate a questi uccelli notturni. Sulla notte di San Giovanni aleggia infatti la credenza che vi siano presenze malvagie e demoni che volano nel cielo. In particolare gli "Strix". Così chiamavano la strega gli antichi Romani: un uccello simile al gufo, con la testa grossa, il becco e gli artigli da rapace e le piume chiare: pare si riempisse il gozzo con il sangue dei lattanti che rubava dalle culle strappandone le viscere. 
Si chiamava strix per il suo stridere sinistro nella notte fonda. 
Riferiva Plinio il Vecchio che le striges erano donne trasformate in uccelli per una magia, o almeno così sosteneva la credenza popolare. 
Percorrendo velocemente il tempo,  tra leggende e credenze giungiamo al Medioevo dove le strix assunsero volto e fattezze umane, laide, vecchie e repellenti: si mormorava che partecipassero al sabba e fornicassero con i demoni; potevano, con appropriati incantesimi nuocere non soltanto al bestiame e ai campi quanto ai bambini e talvolta agli adulti... Ovvero le streghe dei nostri tempi.

Litha



21 Giugno, Solstizio d’Estate che è anche chiamato giorno di Mezza Estate o Litha,
nome celtico di una Dea simile a Demetra o Cerere.

Questa festa rappresenta il Sole nel suo splendore e nella la sua gloria,
il momento in cui l’estate raggiunge il suo picco massimo:
le giornate sono più lunghe e le notti più corte;
la celebrazione della passione
e l’assicurazione del successo del raccolto.

In questo giorno, Litha,  è il momento in cui la magia è al massimo della sua potenza,
la sua caratteristica è quella di essere un “giorno fuori dal tempo” :
ha le qualità al contrario e cioè spesso le cose sono ribaltate o confuse,
i confini tra i mondi sono sottili,  i mortali hanno singolari esperienze e le fate si adunano nelle valli. 

 
Litha è il momento per le feste, la musica, le danze e i falò:
il tutto per onorare il Dio Sole e incoraggiarlo a raggiungere il suo massimo potenziale.
La vigilia della notte di Midsummer è la più importante celebrazione wiccan connessa al folklore delle fate.
Le celebrazioni solitamente iniziano alla mezzanotte del 20 e continuano fino al 24. 

 Litha è il momento più adatto per il rituale di “Dedicazione alla Wicca”,
è il miglior momento dell’anno per praticare magia d’amore e di guarigione ;
la notte in cui si raccolgono e si seccano le piante magiche da utilizzare in inverno.
Esse possono essere essiccate sul fuoco sacro da accendere all’esterno
o scaldate al sole per giorni. In questa notte sono considerate magiche 5 erbe:
le rose, l’iperico, la verbena, la ruta e il trifoglio.

 
In realtà esistono molte tradizioni magiche legate a Litha
e ovviamente qualsiasi pianta colta in questa notte è magicamente più efficace.

I bastoncini per divinare sono infallibili,
la felce che conferisce invisibilità, pare che sbocci a Litha e che vada colta proprio nella notte.
Può essere messa sulla porta una ghirlanda
con piume gialle per la prosperità e rosse per la sessualità
o si può decorare con foglie di betulla, con finocchietto selvatico, con iperico e lillà bianco.

Importante tradizione legata a questa notte è l’accensione dei falò,
per dare luce e ad allontanare gli spiriti maligni.
Sopra di essi gli amanti si stringono le mani,
si cospargono di fiori gli uni sugli altri saltando poi il fuoco assieme.
Si salta il fuoco anche per avere fortuna.
Un altro rituale è l’utilizzo dello specchio per catturare la luce del sole.

E’ il momento speciale per la benedizione agli animali.
Celebrare la vita anche attraverso la danza,
è uno dei modi più antichi di praticare rituali sacri.
Chi danza cura e guida il viaggio mistico della sua anima,
aduna gli spiriti per ottenere chiaroveggenza e conoscenza;
comunica e riceve informazioni; onora gli antichi.

 
Pare che il piccolo popolo, possa essere visto con facilità nella notte del solstizio,
visto che come ho già detto, il velo tra i mondi è più sottile.
I sogni fatti nella notte, tendono a diventare realtà.

Merlino


Alcune leggende raccontano che Merlino fu figlio di una umana ed un demone.
Alcuni lo ritengono l'ultimo
bardo,altri il primo cristiano.
Grazie al battesimo perse ogni potere malvagio tenendo
sua solo la magia benigna.
Fu artefice della Tavola Rotonda e grazie ad un suo
incantesimo, Uther Pendragon giacque con
Igraine e fu concepito Re Artù.
Divenne tutore dello stesso su volere del padre di lui e rimase sempre  al suo fianco nonostante sia
il ruolo che la presenza del
"MAGO" non siano mai stati chiari.
Merlino compare come un
potente mago in grado di governare
gli elementi oltre ad avere capacità
profetiche come parlare con gli animali,
rendersi invisibile, assumere sembianze diverse
e controllare la natura ed il clima.
Negromante ed alchimista in grado di
trasformare la materia grazie alla
profonda conoscenza della stessa.
Capace anche di governare gli esseri
soprannaturali e unico mortale
a poter comunicare con fate, gnomi e draghi
guadagnandosi il loro rispetto.
Cadde vittima di un incantesimo
fattogli da Viviana, donna da lui amata
alla quale aveva insegnato tutti i segreti
della magia, che lo imprigionò in una grotta.