Il termine “Paganesimo” deriva dalla parola latina “pagus”, che ha il significato di “villaggio, borgo”: tale termine fu introdotto dalle istituzioni ecclesiastiche per connotare quell’insieme di credenze, miti, tradizioni, usi e costumi che ancora resistevano, soprattutto all’interno delle campagne e dei villaggi(“pagi”), nel periodo in cui il Cristianesimo si stava diffondendo in modo esponenziale in tutta Europa, in particolare nelle grandi città
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Per capire cosa si intende quando parliamo di “Paganesimo”, è necessario fare prima una premessa su cosa non esprime questo termine. Il Paganesimo, infatti, non è una religione, come la intendiamo comunemente, né una dottrina di pensiero: non vi sono, infatti, dogmi e insegnamenti da seguire, scritti in testi sacri, non è universalista, onnicomprensivo, non ricerca adepti, e, quindi, non spinge coloro che lo abbracciano a diffonderlo, convertendo altri uomini: insomma, non è una religione come lo sono il Cristianesimo, l’Islam o l’Ebraismo e tutte quelle che hanno le caratteristiche sopra descritte. Il Paganesimo lo si può definire una visione del mondo, o meglio delle cose, un modo di pensare e di intendere gli accadimenti, sia quelli propri, sia quelli degli altri uomini e degli altri esseri, viventi e non, sia quelli cosmici. Esso valorizza l’uomo, ma non ponendolo al centro di tutto, come fanno le religioni monoteiste, o meglio i suoi apparati di potere temporali, e molte concezioni filosofiche, politiche e culturali in genere, bensì considerandolo per quello che è, cioè parte di un Tutto, in cui ha un ruolo e un’importanza, che deve comprendere lui stesso. In un certo modo lo si può intendere anche come una filosofia, che dà all’ uomo alcuni strumenti per rapportarsi con ciò che lo circonda, sia sul piano fisico che su quello metafisico. Il Paganesimo è anche religione, nel senso che vi sono entità in cui si può credere e che offrono chiavi per spiegare i fenomeni che l’uomo non comprende tramite i suoi strumenti logici e razionali; ma va oltre questo, è una sensibilità innata nell’interiorità di coloro che, appunto, lo percepiscono e lo colgono in un modo che è, dapprima, quasi puramente istintivo, e che, poi, via via, si arricchisce anche dei livelli razionali e mentali. Esso poggia su quelli che sono gli elementi primari della vita: il sangue e la terra; hanno, dunque, grande importanza la stirpe e le tradizioni, nei vari aspetti che vi sono correlati; questo gli impedisce di avere un carattere universalista, anche se vi sono filosofie e visioni del mondo che possono avere con esso punti di contatto, e, dunque, la sua più intima essenza rifugge da quei calderoni di pensiero modernisti, come le filosofie New Age, anche se la sua ripresa in questi contesti dimostra, in un certo modo, che esso, oltre ad essere aperto ai contributi delle più svariate filosofie, religioni e correnti di pensiero in genere, che esso accoglie filtrandoli con la propria sensibilità, è idoneo a recare esso stesso contributi ed apporti per l’altro da sè; da questo emerge il fatto che si tratta di un modo di vedere le cose, di una forma mentale che conduce ad un confronto continuo, sia con sé stessi, che con ciò che ci attornia, in tutte le sue manifestazioni; è un qualcosa che non è ancorato al passato, ma che è cosmico, olistico, e che, quindi, ha certamente validità attuale, perché senza tempo, anche se, come vedremo, accoglie un eternità fatta di cicli, che sono quelli della vita, della natura e di tutto l’essere in generale. Nel mondo attuale il Paganesimo all’apparenza sembra scomparso, dato che vi domina tutto ciò che ben sappiamo e vediamo ogni giorno; ma, se andiamo a vedere, esso, in realtà è più presente che mai, proprio perché ha come basi il sangue e le tradizioni e perché crea un tipo di mentalità “aperta” all’”altro”: il problema è che gli uomini non lo sanno e, spesso, non lo vogliono riconoscere e, d’altra parte, le dinamiche moderne creano una forte spinta in questa direzione: la sua “riscoperta” è fondamentale per ridare all’individuo, a cui sempre più riesce difficile rapportarsi con sé stesso e con ciò che è intorno a lui, un equilibrio e un’armonia spirituale che gli dia la possibilità di capire la realtà in cui vive, e, soprattutto, la propria interiorità, il cui confronto con essa, piena di quelle che, all’apparenza, sembrano contraddizioni e incompatibiltà insanabili del proprio essere, è spesso fonte di infelicità, dolore e disperazione. Esso, per il tramite del proprio sangue, della propria stirpe, dei propri Antenati e delle proprie tradizioni, offre la possibilità ad alcuni uomini di “utilizzare” certi strumenti e mezzi, ma le forme e i modi di “utilizzo” dipenderanno dal modo di essere e dalla sensibilità del singolo, per il quale vi è la difficoltà di filtrarlo in modo libero e autonomo, senza ottusità, senza che vi siano linee di comportamento e di condotta, convincimenti e ideali da seguire in modo preciso e specifico.